Premessa alla seconda parte
Ribadiamo ancora una volta il fatto che il contenuto di questi nostri articoli non vuole rappresentare la verità assoluta su quello che concerne questa specifica ricerca, la quale ci porta periodicamente a confrontarci con nuovi dati ottenuti, ed in qualche caso ad aggiornare le nostre considerazioni precedenti in materia. Stiamo semplicemente “facendo finta che…”, come il mio Amico Mauro Biglino ama dire, ed attraverso questo valutare i dati, ricercare le informazioni, ed alla fine formulare delle ipotesi, che talvolta diventano certezze, in quanto supportate da prove tangibili e di difficile contestazione, anche se sappiamo benissimo che nel corso della storia umana, nonostante prove tangibili e verificabili, molti scienziati e ricercatori sono stati derisi e addirittura minacciati per abiurare i loro lavori, ma noi non ci paragoniamo alla loro grandezza e fama. Quindi, nella Nostra infinita umiltà proponiamo il frutto di queste Nostre ricerche, basate sull’assunto che molte civiltà del passato, e con esse la loro cultura, in taluni casi molto sviluppata, siano cadute nell’oblio storico-culturale, semplicemente perché “fastidiose” nella realizzazione di interessi politici e privati, legati a conquiste territoriali, dominazioni varie, e soprattutto potere gestito da svariate “gilde” che forse non erano animate dal bene per il prossimo. Non mi sembra di dire nulla di nuovo, specie se osserviamo i fatti odierni!
Ci siamo lasciati la volta scorsa, in occasione della chiusura della prima parte del servizio sulla c.d. “Grande Tartaria”, con un documento declassificato della CIA, in cui si afferma che il Partito Comunista dell’allora U.R.S.S., dalla sua presa del potere nel 1916, ne avrebbe insabbiato tutte le prove circa l’esistenza nei propri territori. Nella fattispecie, il citato documento statunitense afferma che il 9 agosto del 1944, il Comitato Centrale del Partito Comunista, con sede a Mosca, emanò una direttiva che ordinava al Comitato provinciale tartaro del partito “di procedere a una revisione scientifica della storia della Tartaria, per liquidare gravi carenze ed errori di un personaggio nazionalista commessi da singoli scrittori e storici nel trattare con la storia della Tartaria”. Così come recitava il documento in specie, la storia tartara doveva essere riscritta, ovvero doveva essere falsificata al fine di eliminare i riferimenti alle grandi aggressioni russe e nascondere i fatti del vero corso della storia, circa le relazioni tartaro-russe.
Per giungere al loro scopo, secondo il documento CIA, i dirigenti del Partito Comunista Russo fecero sì che in ogni area musulmana all’interno del territorio sovietico, gli storici riscrivessero la storia patria per distorcere i fatti in modo che i russi apparissero sempre in una buona luce.
Potrei supporre che la CIA era ed è specializzata in operazioni di contropropaganda e psicologiche (PSYOPS), tendenti a minimizzare quando non a ridicolizzare l’avversario, e comunque non spetta certo a me suggerire al lettore quanto le storie che presentavano i fatti in modo sincero siano state rivisitate o distrutte, in quasi tutti i Paesi del Mondo, per scopi utili al potere, facendo sì che le generazioni presenti e future non abbiano la possibilità di apprendere i fatti reali o del passato delle loro rispettive nazioni, utili a creare un sentimento di appartenenza comune (i recenti fatti circa l’Afghanistan potrebbero far riflettere su questo. NdA!).
Per giungere al loro scopo, secondo il documento CIA, i dirigenti del Partito Comunista Russo fecero sì che in ogni area musulmana all’interno del territorio sovietico, gli storici riscrivessero la storia patria per distorcere i fatti in modo che i russi apparissero sempre in una buona luce.
Quando poi magari qualche studioso, perlopiù indipendente, riesce a sollevare quella coltre fumosa che avvolge queste informazioni, ritrovando per caso prove di un passato ed una storia diversi, viene deriso od ostracizzato da esperti o giornalisti pagati da quel sistema che in realtà ha riscritto o modificato tali fatti storici.
In questa serie di articoli d’introduzione all’argomento della “Grande Tartaria”, abbiamo volutamente tralasciato, come il lettore potrà facilmente intuire, il dovuto approfondimento riservandoci di riportarlo sui libri di prossima pubblicazione.
Questo in quanto un approfondimento di questi primi due articoli necessiterebbe di almeno un libro, poiché le informazioni raccolte in questi anni di ricerca da noi e da altri ricercatori nostri referenti ed amici, sono talmente tante da scrivere un libro od una serie di libri. Non ce ne vogliano per questo i lettori, in quanto capiranno certamente che ci riserviamo di illustrare al meglio l’argomento tra le pagine del primo libro sulla Grande Tartaria proprio per non togliere loro il piacere della sorpresa.
Ancora sull’ubicazione geografica della Grande Tartaria
Riprendiamo ora il discorso su dove fosse ubicata la Grande Tartaria, chi fossero i suoi abitanti, ma soprattutto a cosa fu dovuto il suo oblio storico, cercando se possibile, di dipanare un poco della nebbia creatasi intorno a quest’argomento.
Ci sono molti riferimenti storici e bibliografici circa la Tartaria, in effetti, come riportato nella definizione dell’Enciclopedia Britannica:
“TARTARIA, un vasto paese nelle parti settentrionali dell’Asia, delimitato dalla Siberia a nord e ovest: questo è chiamato Grande Tartaria. I tartari che si trovano a sud della Moscovia e della Siberia, sono quelli di Astracan, Circassia e Dagistan, situati a nordovest del Mar Caspio; i tartari di Calmuc, che si trovano tra la Siberia e il Mar Caspio; i tartari e i gobbi di Usbec, che si trovano a nord della Persia e dell’India; e infine quelli del Tibet, che si trovano a nord-ovest della Cina.”[1]
Quella sopra descritta è la definizione comune che anche ai nostri giorni viene data e accettata della Tartaria.
Ora, come direbbe l’amico Mauro Biglino, “continuiamo a far finta che…”.
Sicuramente molti lettori avranno sentito parlare dell’esistenza storica della Scizia o Scythia.
Vediamo la definizione della Scythia:
“SCYTHIA, le parti settentrionali dell’Europa e dell’Asia erano anticamente chiamate così, che in seguito ottennero il nome di Tartaria…”
Il filosofo, storico e teologo francese Denis Pétau, meglio noto come Dionysius Petavius o all’italiana “Petavio” (seguace dell’opera del suo connazionale Giuseppe Scaligero o Scaliger[2], che rivoluzionò e sconvolse cronologicamente fatti ed avvenimenti di tutta la storia antica, e di cui parleremo nel libro di prossima uscita), vissuto in Francia tra la fine del XIV e la metà del XV, afferma:
“TARTARIA, (conosciuta con il nome di Scizia, dal loro primo re Scythus, e che in un primo momento si chiamava Magogins, da Magog, figlio di Jafet, di cui i suoi abitanti erano la prosecuzione) è chiamata Mongul dagli abitanti: ma Tartaria, dal fiume Tartar, che bagna una gran parte di esso. È un grande impero, (non cedendo a nessun altro in larghezze di Paesi, ma al Re dei domini di Spagna, che pure supera, in quanto è tutto unito da qualche vincolo: mentre l’altro è molto disgiunto), che estende 5.400 miglia da est a ovest e 3.600 da nord a sud; a ciò il grande Cham o Emperore di qui, ha molti grandi regni e province sotto di lui, contenente un gran numero di buone città.” [3]
Cos’era effettivamente la Scythia o Scizia?
La Scythia era stata collocata in un lontano passato da chi, ricostruendo la cronologia dell’umanità per fini politici e/o religiosi oppure di mero interesse personale, voleva dare un diverso significato alla storia umana; purtroppo per loro, documenti del XIX secolo indicano che effettivamente tale civiltà esisteva in epoca abbastanza di recente (si rimanda alla “Nuova Cronologia” di Anatolij Fomenko che contiene una storia alternativa, radicalmente più breve della versione tradizionale della storia)[4]. Un altro fatto storico è che i bizantini usavano il nome Scythi per riferirsi ai russi (il diacono Leo certamente li chiamava così. NdA![5]), Ma per quanto riguarda i mongoli?
Visto che spesso gli Sciti vengono sovrapposti ai Tartari, chi erano veramente?
Per quanto riguarda i Magogini (antica denominazione del popolo mongolo) non abbiamo molte notizie storiche; eppure hanno lasciato il loro nome dietro di loro, che ora è corrotto in “Mangol”, come la maggior parte dei lettori potrebbe aver dedotto[6].
Il nome di Magog esiste ancora nelle denominazioni di Mogli, Mongul e Mongoli[7].
Persino secondo lo storico romano-ebreo Giuseppe Flavio, San Geronimo, e la maggior parte dei padri cristiani, nonché alcuni tra i più eminenti storici e geografi, antichi e moderni, Magog fu il fondatore e il padre degli Sciti, dei Tartari e dei Moghi, e di conseguenza dei siberiani, e tutte queste tribù nord-orientali.
Secondo i suddetti documenti storici, i “Magogini” divennero gli Sciti, poi la Scythia divenne Tartaria, e i Mongoli (o Mongoli, Mungali, Mungali, Mangols, Mogols, Magogini, Magoghi, Mogli, Magogli, Mungli, Mungugli) furono comunemente chiamati come gli abitanti di Tartaria e i bambini di Magog. Quindi, alla fine, i “Magogini” divennero noti come Mongoli.
L’ipotesi dei mongoli originari delle terre di confine della lontana Cina fu coniata intorno al XVIII secolo e, in aggiunta, la parola “mongolo” ebbe un nuovo significato; si riferisce alla cosiddetta “razza mongoloide” del giorno d’oggi. Ma anche nel XIX secolo molti storici consideravano ancora Mongoli, Tartari, Sciti, Sarmati e Muscoviti come un gruppo etnico.
Se si pensa alle origini del nome “Tartaria”, questo non può che farci venire a mente la parola greca “Tartarus”.[8] La ricerca delle origini etimologiche del nome non ha prodotto risposte definitive.
L’intera comunità di ricercatori storici (in quanto il sottoscritto e Tom Bosco non sono gli unici ad interessarsi di questa ricerca, ed approfitto per ringraziarli da queste pagine; NdA!), sta cercando di trovare alti livelli di tecnologia nella Tartaria. Purtroppo, quando si va su alcuni libri ad approfondire determinati argomenti, riscontriamo contenuti che parlano di orde barbariche che vagavano in quelle zone e vivevano nelle tende. Altresì, tali descrizioni non corrispondono a quelle fornite da persone come Marco Polo. Queste descrizioni non sono inoltre supportate dalla moltitudine di città e paesi presenti sulle mappe più antiche che illustrano la Tartaria.
L’intera comunità di ricercatori storici sta cercando di trovare alti livelli di tecnologia nella Tartaria. Purtroppo, quando si va su alcuni libri ad approfondire determinati argomenti, riscontriamo contenuti che parlano di orde barbariche che vagavano in quelle zone e vivevano nelle tende.
La narrativa relativa alla Scythia è così ambigua e contorta, che leggerla richiede uno sforzo enorme. La Scythia era una regione dell’Eurasia centrale nell’antichità classica, occupata dagli Sciti iraniani orientali, che comprendeva l’Asia centrale e parti dell’Europa orientale a est del fiume Vistola, con i bordi orientali della regione vagamente definiti dai greci. Gli antichi greci diedero il nome di Scythia (o Grande Scizia – ed è incredibile il richiamo a “Grande Tartaria”) a tutte le terre a nord-est dell’Europa e alla costa settentrionale del Mar Nero. Durante l’età del ferro la regione vide il fiorire delle culture scitiche.
- Gli Sciti – il nome greco per questo popolo inizialmente nomade – abitarono la Scizia almeno dall’XI secolo a.C. al II secolo d.C. Nel VII secolo a.C., gli Sciti controllavano vaste aree di territorio in tutta l’Eurasia, dal Mar Nero attraverso la Siberia fino ai confini della Cina. La sua posizione ed estensione variavano nel tempo (come la Tartaria – NdA!), ma di solito si estendeva più a ovest, e significativamente più a est di quanto indicato sulla mappa. Alcune fonti documentano che gli Sciti erano persone energiche ma pacifiche. Stranamente per un popolo così civilizzato, non si sa molto su di loro.
- Nel III secolo d.C., i Sarmati e gli ultimi resti degli Sciti furono dominati dagli Alani e furono sopraffatti dai Goti. All’inizio del Medioevo, gli Sciti e i Sarmati erano stati in gran parte assimilati e assorbiti dai primi slavi.
- Il nome degli Sciti sopravvisse nella regione della Scizia[9]. I primi autori hanno continuato a usare il termine “Scythian”[10], applicandolo a molti gruppi estranei agli Sciti originali, come Unni, Goti, Turchi, Avari, Cazari e altri nomadi senza nome.
L’oro “Scitico”
Volendo valutare il grado di civiltà e cultura raggiunti da questo popolo, potremmo farlo attraverso i monili d’oro, denominato “Oro Scitico”, prodotti finemente istoriati e cesellati. Nel particolare su questo collare viene illustrata una scena di “Giasone ed il Vello d’Oro”, ma sono stati fatti altri ritrovamenti con una moltitudine di oggetti d’oro, finemente prodotti con una tecnologia impensabile per quel periodo, circa 2.500 anni fa! Ed è assurdo pensare che un “popolo di analfabeti, così come lo definirono precedentemente a queste scoperte alcuni “archeologi”, abbia prodotto manufatti di questo pregio e valore, anche tecnologico.
La domanda pertinente da porsi sarebbe: “di quali mezzi o tecnologie disponeva un popolo considerato ‘analfabeta’, per produrre queste meraviglie 500 anni prima di Cristo?”
Curiosamente, su questo manufatto della Scythia vengono rappresentati due grifoni che aggrediscono un cavallo… ed ancora, sulla terza foto dall’alto, compare nuovamente un grifone seduto… Sembra che le similitudini tra la Scythia e la Grande Tartaria non siano poche.
I re e le regine della Scythia
Nel 1779 fu stampata “L’Enciclopedia sulla Storia Universale”[11], e sebbene si ammettesse che la Scythia avesse avuto dei re, nel descriverla, forse perché ancora non era stato scoperto “l’oro scitico”, gli scizi erano definiti “probabilmente” (in quanto nessun archeologo sino ad allora era sicuro della loro esistenza. NdA!) “barbari” e “analfabeti”.
Tra l’altro è curioso notare le incongruenze tra “An Universal History” e Wikipedia, quando vengono elencati i re della Scythia, il che rispecchia il fatto che non si sappia nulla di concreto circa la Scythia, così come vorrebbero coloro che già da epoca medioevale hanno cercato di confondere le acque per un tornaconto politico o personale, usando sempre le stesse tecniche di insabbiamento, quando non anche di riscrittura di interi periodi storici “scomodi”, o che non permettevano la “chiusura del cerchio”.
Altresì dalla stessa enciclopedia citata in precedenza, sembrerebbe, ad un’attenta lettura, che la narrativa attuale preferisca la parola “Tracio”, dimostrando così che della Scythia non ci sia alcun bisogno, poiché “non fa tornare i conti”, anzi gli ingarbuglia non poco.
Così, allo stesso modo, anche l’elenco dei “Re di Scizia” del 1779 di cui sopra è incompleto, poiché nei tre stemmi gentilizi dei re e delle regine della Scizia, solo la Regina Thomyris è inserita nel ritaglio del 1779 osservato precedentemente (ringrazio il ricercatore Dallas Korben per questa indicazione).
Andando a consultare i “Grandi Armoriali” (i libri contenenti la descrizione dei blasoni della nobiltà sino ad allora conosciuta, NdA!) della nobiltà, editi nel 1581 e 1628 da Hiérosme de Bara, i blasoni sopra descritti appartenenti a re e regine della Scythia corrispondono; tra l’altro sembrerebbe che la Scythia fosse governata perlopiù da regine amazzoni[12], che nel corso della storia di questo Impero, hanno persino sbaragliato eserciti tra i più grandi ed organizzati della storia passata.
La storia della regina Thomyris
Vorrei citare in questo articolo proprio la storia della Regina Thomyris di Scythia, la quale rifiutò il matrimonio nientemeno che con Ciro il Grande, leggendario fondatore dell’impero persiano. Erodoto racconta di un attacco di Ciro in una lontana terra governata dalla regina Thomyris. Ciro sacrificò una parte del suo esercito per intrappolare il nemico, lasciandola alle spalle a bagordare con un grande banchetto. Le truppe di Thomyris, guidate da suo figlio Spargapises, attaccarono le truppe esca di Ciro, poi si fermarono per consumare i resti del cibo e del vino. A quel punto, Ciro tese loro un’imboscata e catturò il figlio della regina. Sebbene in seguito Ciro liberò Spargapises, questi si tolse immediatamente la vita.
Per vendetta, Thomyris guidò le sue truppe contro Ciro. Dopo aver sconfitto il suo esercito, cercò sul campo di battaglia il cadavere di Ciro, e si vendicò immergendone il corpo nel sangue, dandogli il suo “riempimento di sangue” come aveva promesso. Gesti grandiosi e costumi elaborati erano spesso impiegati nel design degli arazzi. Le figure sono sapientemente collocate in un paesaggio, che funge da ambientazione per altri elementi della storia. In questo arazzo (datato 1535-1550), la regina Thomyris o Tomiri respinge la proposta di matrimonio di Ciro, mentre le sue truppe avanzano sullo sfondo.
Anche se nel XIV secolo gli artisti riproducevano talvolta scene del passato ambientandole nel presente, non posso fare a meno di notare nell’arazzo in argomento quella che in lontananza sembra essere una città della Scythia, e debbo concludere che se quelle sono le vestigia della Scythia, allora potremo approfondire sicuramente l’argomento sulla c.d. “Architettura Tartarica”…
A supporto della presenza della Scythia nelle terre in cui geograficamente sorgeva anche la Grande Tartaria, abbiamo libri del XVI e XII secolo che descrivono e parlano di Sciti[13]. Sembra però che nemmeno gli autori ne sapessero molto. Magari erano vicini a scoprire la verità più di quanto non lo siamo attualmente noi, ma non ancora abbastanza.
Tra l’altro, in questo libro del “Petavio” che, ribadisco, fu il prosecutore e sostenitore più acceso di Josephus Scaligerus, ovvero di colui che tra Medioevo e Rinascimento modificò la cronologia storica del passato, egli stranamente conferma la variazione nel 1162 del nome Scythia in quello di Tartaria.[14]
La Cosmographia di Sebastian Munster del 1544 è la prima descrizione tedesca del mondo. Ha avuto numerose edizioni in diverse lingue tra cui latino, francese (tradotto da François de Belleforest), italiano, inglese e persino ceco. L’ultima edizione tedesca fu pubblicata nel 1628, molto tempo dopo la sua morte. La “Cosmographia” fu uno dei libri di maggior successo e popolari del XVI secolo. Ha attraversato 24 edizioni in 100 anni. Questo successo è dovuto alle affascinanti xilografie (alcune di Hans Holbein il Giovane, Urs Graf, Hans Rudolph Manuel Deutsch e David Kandel). Fu molto importante nel far rivivere la geografia nell’Europa del XVI secolo.
È interessante la localizzazione assegnata alla mitica Hyperborea: l’ansa del fiume Volga, nella Russia contemporanea.
Per quanto riguarda le mappe storiche in cui è presente la Grande Tartaria, Tom Bosco riprenderà ed approfondirà la nostra ricerca in questo senso.
In quest’ultimo documento risalente al 1824,[15] si afferma che la Scythia ha sostanzialmente lasciato il posto alla Tartaria, supponendo addirittura che la Scizia antica, nel corso degli anni abbia preso il nome di Tartaria…
In conclusione, chi erano in realtà questi Sciti? Wikipedia afferma che erano un gruppo di barbari analfabeti: “[…] Gli Sciti erano nomadi eurasiatici, che probabilmente per lo più usavano lingue iraniane orientali, e che sono stati menzionati dai popoli istruiti che li circondavano, come abitanti di vaste aree nelle steppe eurasiatiche centrali da circa il IX secolo a.C. fino al IV secolo d.C […]”
Ho qualche difficoltà a credere in questa versione “ufficiale”, in quanto non è la prima volta che le fonti storiche ufficiali ci abbiano mai mentito in precedenza.
L’eredità di un’iconografia errata
Oggi conviviamo con alcuni stereotipi legati all’apparenza.
Sembra che la Tartaria, come detto nella prima parte di questo articolo, fosse multireligiosa e multiculturale. Uno dei motivi per cui penso che si sia creata un’enorme disparità nel considerare la civiltà e la cultura Tartaro-Mongola, risiede a mio avviso nel modo in cui gli artisti contemporanei raffiguravano allora leader come Gengis Khan, Batu Khan, Timur–Tamerlano, e come invece il loro aspetto sia raffigurato oggigiorno.
Diamo ora un’occhiata ad alcune vecchie illustrazioni e monumenti su come apparivano i mongoli e i tartari nella realtà.
Ecco un disegno cinese ben conservato (XIII – XIV secolo) di Gengis Khan.
Paragoniamolo ora con l’illustrazione europea dello stesso soggetto qui sotto.
In proposito, i documenti del XIX secolo di solito si riferiscono a Gengis (o Gengis, Gengiskan, Genghizcan, Ginghis , Cingis, Cinchius, Chinghiz, Cangius, Changius , Jenghiz, Zingis) come Khan o Imperatore di Tartaria. In realtà è menzionato come il fondatore di Tartaria. Il termine “impero mongolo” fu imposto come unico termine solo dopo la fine del XVIII secolo.
Ecco qui raffigurati Gengis Khan con la sua consorte, inutile descrivere lo sfarzo dell’abbigliamento e l’evidente origine caucasica della Regina.
Di seguito Tamerlano o Timur, come veniva raffigurato dagli artisti dell’epoca. Non sembra proprio essere un barbaro o cavernicolo “pellìta”.
Comunemente l’iconografia del tartaro (o tataro)/mongolo che ci è stata proposta in tutti questi anni vede questa civiltà come barbara, stupratrice, genocida, composta da banditi e razziatori qualunque, associando altresì l’etimologia del nome a bassi significati, offensivi e dispregiativi. Purtroppo mi spiace sottolineare per i detrattori che la civiltà tartara era in passato notevolmente avanzata sia culturalmente che tecnologicamente (sebbene alcuni c.d. esperti, ne dubitino).
Prendiamo ad esempio ciò che descrive in proposito Marco Polo nel suo diario di viaggio “Il Milione” circa quella civiltà: «…E sì vi dico che tra tutti gli signori del mondo non hanno tanta ricchezza quanta ne ha il Gran Khan solo…»[16], e ancora: “…Ed i’ vi conterò per ordine ciò che la scrittura contenea; e tutto è vero però ch’io marco lo vidi poscia co mi’ occhi. La città di Quinsai dura in giro 100 miglia, e à 12.000 ponti di pietra; e sotto la maggior parte di questi ponti potrebbe passare una grande nave sotto l’arco, e per gli altre bene mezza nave. E neuno di ciò si maravigli, perciò ch’ell’è tutta in acqua e cerchiata d’acqua; e però v’à tanti ponti per andare per tutta la terra.
Questa città à 12 arti, cioè di ciascuno mistieri una; e ciascun’arte à 12.000 stazioni, cioè 12.000 case; e ‘n ciascuna bottega àe ‘lmeno 10 uomini e in tal 15, e in tal 20 e in tal 30 e in tal 40, non tutti maestri ma discepoli…”[17]
Dopo questi passaggi dal libro “il Milione”, possiamo pensare ancora che i tartaro-mongoli erano una masnada di stupratori, razziatori e banditi, che vivano all’interno di tende fatte da pelli animali? Ho seri dubbi.
In ogni caso, come anzidetto, non possiamo approfondire in questa serie di articoli tutta la ricerca sulla Grande Tartaria che sia io che Tom Bosco stiamo svolgendo ormai da qualche anno.
È altrettanto lapalissiano che in questa seconda parte del mio articolo, non ho inserito ulteriori risultati delle ricerche in argomento, soprattutto quelli che riguardano le c.d. “Inondazioni di Fango”, o le battaglie combattute nel recente passato sui e per i territori della Grande Tartaria, e altresì non ho citato alcune scoperte rivelatrici che possono avere dell’incredibile, fatte confrontando documenti e mappe storiche, con le descrizioni fatte dagli anziani che le hanno tramandate ai posteri, e che riguardano la storia dei luoghi in cui queste etnie vivevano, e che molti degli pseudo-ricercatori allineati con questo Sistema non si sognano nemmeno di riportare, fosse anche solo per curiosità…
La storia russa fu riscritta da mani tedesche
Al netto di tutto questo, sorgono spontanee le seguenti domande:
- Cos’è successo alla Tartaria?
- Chi ha trasmutato gli imperatori tartari in asiatici?
Sempre “facendo finta che”, abbiamo quindi appurato che la Tartaria era un vasto impero governato da un grande Khan o imperatore, il quale aveva molti grandi regni e province sotto il suo governo.
Secondo i dati ottenuti con la nostra ricerca e secondo quello che ne ho dedotto da essi, prima che la dinastia dei Romanov arrivasse al potere in Russia (o Moscovia, Muscovia, Tartaria Muscovita), la Russia era forse stata una sorta di provincia della Tartaria abitata dai discendenti di Meshech (o Mosoch), figlio di Japhet (ma questa è un’altra storia, NdA!). O almeno questo è quello che credevano alcuni storici in epoca moderna.
In ogni caso, la (finta – e in seguito spiegheremo perché. NdA!) dinastia dei Romanov, in quanto sostenuta dall’Europa, arrivò al potere attraverso un colpo di stato in Russia. Da quando arrivarono al potere illegalmente, al fine di dare ad esso credibilità, avevano bisogno di riscrivere la storia russa. Questo è ciò che hanno fatto.
Hanno invitato gli studiosi tedeschi Gottlieb Siegfried Bayer, Gerard Friedrich Müller e August Ludwig Schlözer per fare questo lavoro, così come avevo spiegato nella prima parte di questa serie di articoli. Ed è così che è nato il fittizio impero mongolo.
La Tartaria ha continuato a coesistere con la Russia dei Romanov per qualche tempo, anche se attualmente non riesco a quantificare quanto.
…la dinastia dei Romanov, in quanto sostenuta dall’Europa, arrivò al potere attraverso un colpo di stato in Russia. Da quando arrivarono al potere illegalmente, al fine di dare ad esso credibilità, avevano bisogno di riscrivere la storia russa. Questo è ciò che hanno fatto.
Nonostante mi si siano aperti degli spiragli ed abbia avuto alcuni consigli illuminanti da ricercatori validissimi in materia, sia dell’Europa dell’Est che Occidentali, non mi è ancora chiaro come esattamente la Tartaria abbia cessato di esistere.
Posso prendere però ad esempio il lavoro di alcuni studiosi (come Nicolai Levashov), secondo cui la Tartaria fu assorbita dalla Russia nella grande guerra, conosciuta ancor oggi come la Ribellione di Pugachov (1773-1775), e di cui parleremo probabilmente in una successiva parte di questo lavoro.
Altre fonti affermano che successivamente a quel periodo storico, alcuni eventi cataclismici deliberatamente causati (forse un flusso d’acqua, un’alluvione di fango o qualcosa di analogo a una guerra nucleare) spazzarono via una civiltà relativamente avanzata dal continente eurasiatico nel XVIII/XIX secolo. La Grande Tartaria fu così indebolita e poi assorbita dalla Russia. In verità vi sono molte prove a sostegno dell’ipotesi del cataclisma, ma questo è un altro argomento.
Inoltre, informazioni sulla Grande Tartaria sono state conservate nell’enciclopedia spagnola in 6 volumi “Diccionario Geografico Universal” pubblicata nel 1795.
Ad esempio, nel 1928 nell’enciclopedia spagnola “Enciclopedia Universal Ilustrada Europeo-Americana” c’è un articolo piuttosto ampio sulla Tartaria, che parte da pagina 790 e occupa circa 14 pagine: “Tartaria – per secoli questo nome è stato applicato all’intero territorio dell’Asia interna, abitato da orde di Tartaro-Mughal (tartaromogolas). […] La Tartaria si estendeva dallo Stretto di Tartaria (lo stretto che divide l’isola di Sakhalin dal continente asiatico) e la catena montuosa Tartaria (nota anche come Sikhota Alin – catena montuosa costiera), che separa il mare dal Giappone e dal già citato Stretto di Tartaria da un lato, e alla moderna Repubblica Tartara, che si estende al Volga (entrambe le rive) e al suo affluente Kama in Russia; a sud ci sono Mongolia e Turkestan. Sul territorio di questo vasto paese vivevano tartari, nomadi, maleducati (e ti pareva, NdA!), persistenti e sobri, che nell’antichità erano chiamati Sciti (escitas).”
In chiusura di questa seconda parte del lavoro dedicato alla Grande Tartaria, vi riporto un estratto del libro degli autori Bonaventura e Abraham Elsevier, “Russia seu Moscovia, itemque Tartaria, commentario topographico atque politico illustratæ“.[18]
Traduzione approssimativa:
“Gran Cam, imperatore della Tartaria. Un sovrano potente e duro, molto ricco, che vendette una parte della Cina a qualcuno (?).
La nazione tartara proviene da un paese chiamato Grande Scizia, che un tempo possedeva un terzo dell’Asia e molte terre in Europa, tra cui la Sarmazia, la Scizia asiatica comprendeva anche le province di Serr (serika – seta), nonché Katay e Chagatai, ora Uzbekistan.
Le dimensioni dell’esercito non possono essere contate, poiché ho visto nella sola Flounder più di 360.000 soldati di cavalleria e circa 200.000 fanti. Anche a Kambala, che è la capitale dell’Orda, ci sono miniere d’oro e d’argento, è stata stabilita l’estrazione di pietre preziose e la produzione di perline da pietre preziose (perle) trovate lungo il lago Kanikta.”
Da notare al centro della raffigurazione il blasone dell’Imperatore, raffigurato da un gufo.
Attiro inoltre la vostra attenzione sul fatto che tutti i testi antichi consultati affermano che i Moghul sono tartari, precedentemente chiamati SKIF (T) AMI.
Eccoli, i cosiddetti Sciti scomparsi, che hanno vissuto e vivono nello stesso territorio per millenni. Diamo un’occhiata a quanti anni gli storici conoscono l’esistenza di Skeet (f) s.
Abbiamo concluso questa seconda parte, ma vi invito alla lettura della terza parte che riguarderà il prosieguo di quest’ultima puntata della saga della Grande Tartaria, atteso che riveleremo ulteriori e nuove tematiche delle nostre ricerche in merito.
Note
- The Encyclopædia Britannica First Edition – London 1771 ↑
- Joseph Justus Scaliger, italianizzato in Giuseppe Giusto Scaligero(Agen, 5 agosto 1540 – Leida, 21 gennaio 1609), è stato uno storico, scrittore e umanista francese di origine italiana, inventore del giorno giuliano (da Wikipedia) ↑
- 77 – The History of_the World or an Account of Time – compiled by the Learned Dionisius Petavius – London 1659 ↑
- History: Fiction or Science 1-2-3-4-5-6-7 di Anatoly T.Fomenko, Gleb V.Nosovskiy – Delamere Publishing (Paris, London, New York) ↑
- Leone, noto come Leone il diacono (greco: Λέων ὀ Διάκονος latino: Leo Diaconus; Kaloe, c. 950 – X secolo), è stato uno storico bizantino, autore di un’importante storia dell’impero bizantino dal 959 al 976. ↑
- 198 – 199 – A Prospect of the Most Famous Parts of the World. Viz. Asia, 13 Africa, 24, Europe 35, America, 46 – London 1675 ↑
- 5 – A popular history of Priestcraft in all Ages and Nations – William Howitt – Seventh Edition – London 1746 ↑
- https://en.wiktionary.org/wiki/Tartar ↑
- https://en.wikipedia.org/wiki/Scythia ↑
- https://en.wikipedia.org/wiki/Scythians ↑
- 370 – Universal History Vol. IV – London 1779 ↑
- Si ricorda al lettore che durante la guerra di Troia, le Amazzoni furono le più fedeli alleate di Priamo contro gli achei o Ahhiyawa – Huxley, p. 22; Güterbock, pp. 133-138; Mellink, pp. 138-141 ↑
- The Antiquities and History of Ireland – pag.2 – Sir James Ware – Dublin 1705↑
- The History of the World; Or, an Account of Time – Volume 1 pag. 72 – Denis PETAU↑
- Remarks on Dr. Henderson’s appeal to the Bible Society, on the subject of the Turkish version of the New Testament printed in Paris 1819 – Samuel LEE (D.D., Canon of Bristol.) 1824 – pag. 131 ↑
- Il Milione, Cap.LXXXI ↑
- Polo – Il milione pag. 112 – Edizione a cura di Valeria Bertolucci Pizzorusso – Ed. Adelphi Milano 1975 ↑
- Russia seu Moscovia, itemque Tartaria, commentario topographico atque politico illustratæ – Leida, stamperia Ex Officina Elzeviriana 1625-1649 ↑