Ho passato la vita a farmi domande esistenziali. Quando non avevo le risposte chiedevo a chi avrebbe dovuto conoscerle, insegnanti, preti, scienziati, politici, dirigenti, ma il più delle volte le risposte non sono arrivate, oppure, non erano all’altezza delle aspettative per la loro superficialità e genericità.
Oggi la vita è urgente, siamo alla resa dei conti, non si possono più delegare le risposte ad altri, occorre essere protagonisti della propria vita e attingere direttamente alla fonte. La velocità con cui si srotolano gli eventi davanti a noi è impressionante. Ti sei accorto/a che il tempo si è contratto? Percepisci anche tu un’intensa accelerazione delle cose, degli avvenimenti… è come se le lancette dell’orologio avessero cambiato ritmo. Il mondo sta correndo, guardi a ieri e ti accorgi che sono passati anni, in un attimo, compressi come una fisarmonica chiusa, tra le pieghe del tempo. Ma ci siamo chiesti verso cosa sta correndo il mondo? Perché accade e qual è lo scopo?
Ti chiedo di rallentare un momento, adesso. Concediti qualche istante di slow life consapevole, attraverso il ritmo del tuo respiro. Alza la testa, raddrizza la schiena con un atteggiamento dignitoso e prenditi il tempo per fare tre respiri profondi ad occhi chiusi. Conta fino a 6 lungo l’inspirazione e ancora 6 nell’espirazione, e poi di nuovo. Lascia scivolare i pensieri fuori di te e ascolta il battito naturale del tuo cuore, sincronizzati con esso e permetti al tuo soffio di avvolgerti come un’onda che ti accarezza, che si allontana e poi ritorna, lieve, ma deciso, vigoroso come la pura energia che anima la Vita, potente come la forza creativa che regge l’Universo, libero come la linfa che scorre dalle radici alle foglie, bello come l’opera d’arte della creazione e impavido come le leggi della Natura che la governano.
Mai come oggi abbiamo bisogno di sentire di esserci, di far parte della Natura come esseri umani, come vita pulsante nel Pianeta, in un presente che si rinnova continuamente, attimo dopo attimo. Essere consapevoli di sé, della propria unicità, dell’identità insostituibile che ognuno di noi proietta nel mondo è l’atteggiamento migliore con il quale possiamo affrontare questa epoca di transizione, di setaccio, tanto stimolante quanto insidiosa e piena di trappole.
La prima trappola è il concetto stesso di identità. Le persone non sanno più chi sono perché la società del controllo di cui siamo infarciti si è incaricata, senza autorizzazione alcuna, di costruire per l’individuo “consumer” un modello esterno nel quale identificarsi, che rappresenti una ipotetica vocazione identitaria costruita a tavolino, basata sull’aderenza più o meno efficace al prototipo di cittadino ideale del terzo millennio. Impera il conseguimento dell’identità digitale, che al momento sta prendendo forma e sostanza nei rapporti del singolo con la pubblica amministrazione, ma che ha l’obbiettivo incalzante di renderci un codice univoco, un algoritmo leggibile da strumenti tecnologici, in grado di autorizzare o di bloccare azioni, come acquisti, accesso ai servizi e finanche alle cure mediche, a seconda che si sia in possesso o meno dei requisiti che l’assetto sociale impone. Abbiamo poi l’identità di genere, che a dispetto di ogni legge biologica evolutiva, offre la possibilità di scegliere, secondo un concetto di libertà distorto e strumentalizzato, il sesso che vogliamo incarnare fin dalla più tenera età, basandosi sulla percezione soggettiva della propria sessualità, spesso senza tenere conto dei condizionamenti culturali, sociali e familiari che influenzano l’immagine mentale del proprio io, oltre a nascondere e intrappolare la percezione profonda del sé biologico. A tutto questo si aggiunge il retaggio culturale, o meglio, l’analfabetismo culturale, della società consumistica degli ultimi trent’anni che ha letteralmente trasfuso alle nuove generazioni il concetto secondo il quale l’identità non è nell’essere, ma nell’avere, nel possedere ciò che si presupponga dia la felicità e così l’io si riconosce nel denaro e nella fama del calciatore milionario, nella popolarità dell’influencer sui social, nella notorietà dell’imprenditore di successo, nella venerazione del guru o nei privilegi delle élite.
Impera il conseguimento dell’identità digitale, che al momento sta prendendo forma e sostanza nei rapporti del singolo con la pubblica amministrazione, ma che ha l’obbiettivo incalzante di renderci un codice univoco, un algoritmo leggibile da strumenti tecnologici, in grado di autorizzare o di bloccare azioni, come acquisti, accesso ai servizi e finanche alle cure mediche, a seconda che si sia in possesso o meno dei requisiti che l’assetto sociale impone.
Tutto questo ha creato un perfetto diversivo all’esplorazione di sé, ha allontanato anche il più recondito dubbio sul fatto che si debba scavare nel profondo per mostrare a sé stessi la propria vera identità, la natura celata dell’unicità biologica che contraddistingue ogni singolo individuo, costruita nelle tappe esperienziali della propria vita ed evoluzione. Un’operazione di ricerca che potrebbe rivelarsi estremamente dolorosa e difficile da gestire per molti, a motivo della paura di frugare tra le pieghe dell’inconscio e trovarci cumuli di macerie, traumi irrisolti, ferite aperte, desideri mancati, speranze disilluse, mancanze, perdite, insomma, piccoli o grandi dolori che, pur essendo in verità solo immagini, costruzioni dalla mente basate su rappresentazioni interpretative e non su realtà oggettive, vengono percepite come macigni psichici che ci fanno sentire estremamente vulnerabili.
La sensazione di vulnerabilità dell’individuo, strettamente connessa alla paura della morte, è la trappola infernale sulla quale il sistema sociale odierno basa le sue politiche di controllo e di misurabilità dell’essere umano. L’individuo che ha paura non desidera minimamente ricercare la propria identità biologica ed entrare in contatto con la propria anima (dal greco psyché (ψυχή), l’anima, la sfera psichica, il respiro, il soffio vitale che dà la vita), perché questo gli darebbe un’autonomia e una libertà che si sente incapace di gestire, e così accetta di buon grado che gli venga attribuita da terzi un’identità digitale, un marchio che permetta di controllare ogni sua azione, che lo faccia sentire illusoriamente protetto, ma che di fatto ne misuri l’impatto sull’utilizzo delle risorse, la sua carbon footprint o impronta di carbonio, come viene chiamata oggi e che verifichi il rispetto di tutte le norme sociali prestabilite, a prescindere dal fatto che queste realizzino o meno la felicità e il benessere del cittadino.
Oggi ci troviamo ad un bivio. Le nostre scelte determineranno il mondo del futuro. Chi ha delegato a terzi le decisioni che riguardano il destino dell’umanità, fidandosi dei governi e delle istituzioni governative politiche e sanitarie, probabilmente non si è reso ancora conto di quale importanza cruciale abbia la direzione che verrà intrapresa per il futuro dell’uomo e della comunità. Non si tratta semplicemente di un riassetto della struttura produttiva, delle relazioni sociali o di un rinnovamento delle infrastrutture, delle telecomunicazioni o delle tecnologie correnti, come è avvenuto in passato in tanti passaggi epocali della storia, ma di una vera e propria transizione antropologica che, se innescata, potrebbe portarci ad un mutamento così radicale della natura umana, da compromettere irrimediabilmente e definitivamente il nostro rapporto evolutivo con l’ecosistema in cui viviamo.
La sensazione di vulnerabilità dell’individuo, strettamente connessa alla paura della morte, è la trappola infernale sulla quale il sistema sociale odierno basa le sue politiche di controllo e di misurabilità dell’essere umano.
La mia doppia formazione accademica in ambito biologico emozionale e lavorativa nel settore tecnologico della cybersecurity mi ha permesso di notare alcune preoccupanti distorsioni nelle dinamiche sociali, verificatesi con prepotenza negli ultimi anni, cosiddetti pandemici, che a mio avviso, se non gestite in tempo, potrebbero contribuire fortemente ad avviare tale transizione per scivolamento di almeno due terzi del genere umano nell’era tecnologica transumanista che, come descritto nell’ultimo capitolo del mio libro “Dal Carbonio al Silicio – L’Era della Tecnologia Transumanista”, è un’epoca in cui ibridi uomo-macchina saranno pilotati a distanza, inconsapevoli della Matrix che ne controlla l’operatività, i bisogni, i desideri e la durata in vita. Transumani totalmente dipendenti e incapaci di staccarsi dalla centrale operativa che gestisce il network, la massa connessa, per paura di perdere i presunti benefit sui quali fondano la propria felicità di carta e rimanere così privati di tutto, come un parassita che venga staccato improvvisamente dalla sua fonte di nutrimento passivo.
Una società interamente fondata sull’ As-a-Service nel cloud, in cui praticamente non possiedi nulla, ma tutto quello che ti serve viene erogato in modalità servizio, ovviamente gestito e monitorato attraverso tecnologie in cloud con controllo remotizzato, algoritmi di riconoscimento basati su metadati antropometrici e possibilità di raccogliere la telemetria (tutte le informazioni di sistema) dai dispositivi, anche da quelli integrati con il corpo umano, per avere piena disponibilità delle informazioni coinvolte nell’erogazione dei servizi o di verifica dei potenziali attacchi informatici che minacceranno i device tecnologici.
Si è già cominciato con microchip nella mano o nel polso per gestire la domotica di casa, come ad esempio aprire automaticamente la porta di ingresso, il cancello o il box, accendere le luci, il televisore, il riscaldamento, alzare le tapparelle o aprire le tende, per proseguire con l’integrazione nel micro-dispositivo dei dati della carta di credito per effettuare pagamenti digitali contactless nei negozi, bar, ristoranti, ecc., tutte applicazioni già disponibili sul mercato, mentre tante altre sono in fase di realizzazione, come i chip neurali impiantabili nel cervello della Neuralink di Elon Musk, che ha ricevuto proprio nel maggio 2023 dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente per la regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici degli Stati Uniti, l’autorizzazione alla sperimentazione degli impianti sugli esseri umani, nonostante abbia causato la morte di migliaia di animali usati come cavie sperimentali
negli ultimi anni.
Stiamo passando velocemente dall‘IoT (Internet delle cose) all’IoB (Internet dei corpi), i progetti delle Smart City e Smart Factory si stanno moltiplicando anche grazie (ahimè) all’estensione delle reti satellitari in orbita, che hanno l’obbiettivo di assicurare una copertura del segnale 5G anche nei più remoti angoli del territorio, dove la fibra ottica non riesce ad arrivare, per garantire il funzionamento senza interruzioni di servizi come la guida autonoma e chissà quale altra diavoleria.
Quale livello di consapevolezza serve all’umanità per utilizzare con profitto gli strumenti che lo sviluppo tecnologico della nostra epoca ci sta mettendo a disposizione ad una velocità sbalorditiva?
Non sono contraria al progresso e nemmeno alla tecnologia, ma siamo sicuri che sia questo che serve alla nostra evoluzione? Quale livello di consapevolezza serve all’umanità per utilizzare con profitto gli strumenti che lo sviluppo tecnologico della nostra epoca ci sta mettendo a disposizione ad una velocità sbalorditiva?
È questa la domanda cruciale che dobbiamo porci ed è talmente importante che non può prescindere dal nostro impegno, come singoli individui, a capire profondamente chi siamo, a comprendere la matrice di cui siamo fatti e nella quale siamo immersi, a conoscere le leggi della Natura che ci governano all’interno dell’ecosistema in cui viviamo, che è parte integrante di noi, e non qualcosa di separato ed estraneo.
A questo scopo ho scritto il saggio “Dal Carbonio al Silicio”, frutto della ricerca appassionata e dei miei studi degli ultimi vent’anni. Ho sentito l’urgenza di divulgare informazioni che possano rendere le persone più consapevoli, soprattutto coloro che per supposta inadeguatezza, o solo per pigrizia, accedono esclusivamente ai notiziari diffusi dai media mainstream, perché questo è il tempo della scelta tra il grano e la gramigna, è il momento di smettere di essere tiepidi e indecisi.
Non si può più rimandare o procrastinare perché siamo già sulla soglia di un cambiamento epocale, di un passaggio antropologico di grande portata, ma sta a noi decidere se fare il passo verso la transizione digitale e pseudo-ecologica del controllo, verso quel mondo sintetico che ho definito del Silicio, in cui impera il principio delirante, di baconiana memoria, secondo cui la mente umana può e deve dominare la Natura, oppure, operare il mutamento consapevole verso la vera essenza dell’Uomo naturale di Carbonio, che è la deità, educando (dal latino educĕre che significa ‘tirar fuori”, allevare, estrarre) il potenziale divino che è geneticamente parte di noi e utilizzare appieno la sofisticata tecnologia di cui siamo dotati fin dalle origini, ancora in larga parte misconosciuta, costituita da un network di migliaia di miliardi di cellule in stretta comunicazione tra di loro e con il “cloud naturale”, rappresentato dal campo informazionale cosmico, attraverso sofisticate antenne a segnale elettromagnetico costituite dal nostro DNA, una tecnologia avanzatissima del cui potenziale conosciamo solo poche unità percentuali, nonostante i recenti studi di fisica quantistica ed epigenetica ci abbiano aperto delle importanti finestre di conoscenza in questo ambito.
Gli orientamenti della tecno-scienzah moderna però sono altri e corrispondono esattamente all’ideologia riduzionista fondata sul meccanicismo, della materia priva di anima, che per secoli si è ammantata dell’ufficialità della scienza e di fatto ha dominato la scena senza interruzioni, sostenuta da sempre dagli assetti politici ed economici al potere. L’esplosione della tecnica deterministica, sempre più lontana dal contatto diretto con i ritmi e le leggi naturali, ha portato come risultato, a partire dagli anni a cavallo tra il secondo e il terzo millennio, un’evoluzione tecnologica senza precedenti, finalizzata ad amplificare le modalità di comunicazione, la disponibilità delle informazioni, l’efficienza lavorativa e i processi produttivi. Pensiamo solo alla rivoluzione di Internet degli anni ‘90, al bluetooth e a tutte le applicazioni correlate, ai protocolli VoIP per trasmettere le chiamate senza il telefono, ai social media come Facebook, Instagram, Linkedin, TikTok, Twitter, Telegram, YouTube e decine di altri, alle mappe satellitari di Google, agli smartphone, diventati ormai il prolungamento degli arti superiori dei Millennials e dei Centennials, le generazioni di nativi digitali, senza contare le enciclopedie digitali, la moneta elettronica, come il Bitcoin e la sua infrastruttura di base, la blockchain, con le centinaia di possibili applicazioni, in ambito finanziario e oltre, per non parlare delle prime rudimentali applicazioni dell’intelligenza artificiale nelle assistenti digitali come Siri o Alexa, che sfoceranno ben presto nella telemedicina, per fare diagnosi e prescrivere terapie mediche a distanza, con l’ausilio delle Chatbot GPT, del machine learning e poi ancora dell’utilizzo di piattaforme di streaming, della realtà virtuale e aumentata del Metaverso, dei sistemi biometrici di riconoscimento facciale, con impronta digitale o dell’iride e ancora, il processore quantistico del quantum computing che ha l’obbiettivo di soppiantare la potenza di calcolo dei computer tradizionali.
Il rovescio della medaglia di questa grande esplosione tecnologica è che, a dispetto di tutto, le persone sono sempre più malate, gli adolescenti sono sempre più soli, nonostante abbiano migliaia di “amici” virtuali il tasso di suicidi tra i giovani e i giovanissimi è aumentato drasticamente, la soglia di attenzione è sempre più bassa, dell’ordine di pochi secondi, l’uso della penna per scrivere è caduto in disgrazia, in compenso sono nate nuove forme di delinquenza come il cyberbullismo e il cybercrimine, si moltiplicano i furti di dati sensibili con richieste di riscatto in valuta digitale e la distribuzione della ricchezza e del benessere tra le persone è sempre più iniqua, concentrandosi su un ristretto numero di super-ricchi a discapito di una grande massa sempre più in difficoltà economica.
Finita l’era della delega, della massificazione e del livellamento delle menti, è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di fondare una nuova società basata sull’individuo, in cui il talento e l’unicità di ogni singolo uomo e donna siano le grandi risorse per tutta la società…
Cosa non sta funzionando? Perché ad un così grande movimento di intelligenza e innovazione non corrisponde una altrettanta esplosione di benessere?
La mia tesi è semplice quanto disarmante. Se il progresso tecnologico e scientifico è sostenuto esclusivamente dall’ego e dalla smania di dominio e di controllo degli eventi e delle risorse del nostro Pianeta, senza cercare un’alleanza costruttiva con la Natura, senza conoscere a fondo le Leggi e i Principi che la governano, privi della fiducia e dell’amore che contraddistinguono il sentirsi parte della Natura stessa, consapevoli di non essere solo materia, ma anche Spirito ed espansione dell’essenza divina, non potremo entrare nel flusso della coerenza originaria, indispensabile all’evoluzione delle coscienze e al ristabilirsi di quell’equilibrio psico-energetico che è lo stato naturale del benessere.
Ma non tutto è perduto. Finita l’era della delega, della massificazione e del livellamento delle menti, è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di fondare una nuova società basata sull’individuo, in cui il talento e l’unicità di ogni singolo uomo e donna siano le grandi risorse per tutta la società, un mondo dove si smetta di sfidare la Natura, di rincorrere l’immortalità del corpo, di pretendere di superare i limiti biologici dell’invecchiamento e della malattia (non capendone davvero il senso biologico profondo) producendo individui in serie in uteri artificiali o creando ibridi umano-tecnologici per potenziarne la genetica e le caratteristiche fisiche e cognitive, illudendosi in pratica di sostituirsi a Dio.
Abbiamo una grande opportunità, far sì che l’imminente transizione tra i mondi non sia dal Carbonio al Silicio, verso la disumanizzazione, la dipendenza e il controllo, ma dal Carbonio al Diamante, l’evoluzione naturale dell’Uomo verso la sua natura divina.
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