La nostra funzione in movimento è influenzata dal tempo fisico nel modo in cui un piccolo ingranaggio è costretto alla rotazione da ruote meccaniche più grandi adiacenti. Questa nostra attinenza cosxienziale da primati, per natura meccanica e istintiva, non può resistere al tempo; crede al tempo e correla il tempo con la progressione e il compimento. Il compito a portata di mano è sempre un mezzo per un fine, un adesso che punta a un dopo. Ma essendo relegato alla rotazione perpetua, quando il dopo alla fine arriva, la nostra funzione in movimento non può che percepirla come un nuovo adesso da sacrificare per un ancora successivo dopo. Una ruota su cui gira il criceto, che non comprende di rincorrere se stesso.

Di conseguenza, attraverso l’influenza della nostra funzione mobile-tempo-motoria sulla nostra psicologia, siamo inclini a cadere in momenti meccanici ripetitivi: sognare continuamente scenari casuali, riprodurre continuamente interazioni con gli altri, fissarsi su eventi passati, pregustare eventi futuri, canticchiare continuamente brani richiamati a caso, e molte altre sequenze meccaniche e ripetitive che colorano il nostro paesaggio interno prosciugando la nostra energia, e annichilendo la nostra volontà d’Essere.

Che questi automatismi siano alimentati dallo slancio meccanico, piuttosto che dalla nostra volontà, è semplice da verificare, a condizione che siamo sinceri con noi stessi: non si fermano quando vogliamo che lo facciano. Ne consegue che qualsiasi sforzo cosxiente per inceppare le ruote delle nostre automazioni psicologiche ci aiuterà a osservare la nostra funzione in movimento. Questo è uno sforzo, che aiuta a fare i primi passi verso di sé.

Al giorno d’oggi un’area d’esperienza efficace in cui applicare questo sforzo è il nostro uso abituale del telefono cellulare. Se la fluidità del nostro centro in movimento è ostacolata, come accade, ad esempio, quando siamo costretti ad aspettare in fila, nel traffico o in un ascensore, la nostra funzione in movimento cerca modi alternativi per perpetuare il movimento e spesso tornerà a controllare il nostro telefono inutilmente. Pertanto, un buon esercizio per interrompere l’automatismo è la disciplina di controllare il nostro telefono solo quando siamo seduti.

Questo tipo di pratica rivela l’influenza della nostra funzione motoria sulla nostra psicologia. Se questa esperienza la si estende su altri ambiti, in cui ci si accorge che l’automatismo meccanico prevale, allora rappresenta anche un passo significativo verso la creazione di un governo interiore.

Nel diffondere indiscriminatamente l’automatismo, la nostra funzione in movimento titanizza ed elude le altre funzioni subordinate. Limitando la sua influenza sulle funzioni emozionali e mentali, la costringiamo a tornare al suo giusto posto e ad espletare il suo ruolo fondamentale e istintuale per cooperare all’opera divina dettata dal nostro Essere.

La mente fisica è la vera sfida per colui che si incammina verso e dentro sé.